venerdì 26 giugno 2015

Bererosa 2015 a Palazzo Brancaccio a Roma la festa dei vini rosati







Arriva anche quest’anno a Roma  Bererosa, la rassegna dei migliori vini rosati italiani fermi e con le bollicine organizzata da Cucina & Vini. I saloni di Palazzo Brancaccio, la bellissima dimora tardo-ottocentesca sul Colle Oppio, ospiteranno oltre 70 aziende italiane per conoscere e apprezzare il meglio della produzione en rose. Nella serata del 2 luglio, dalle 17 sarà possibile degustare oltre 170 etichette di vini rosati italiani: dai rosè del nord  leggeri e di facile beva,  ai rosati del centro sud  più strutturati e alcolici,  pronti ad abbinarsi con i piatti dai sapori più decisi. 
Per accompagnare i vini, nell'ampio giardino di Palazzo Brancaccio ci saranno cinque postazioni street food: 
La Bottega dell'Oliva Ascolana dei fratelli Luigi e Rita Diamanti  con i loro cartocci di fritti ascolani, olive e cremini fritti al momento. 
Mozao di Clara e Riccardo che con la loro Apetta Bruna  sfornano tigelle buonissime. 
Pescheria Meglio Fresco con la squadra capitanata dal mitico Arturo Scarci e dalla moglie Maria Laura. Ostriche, gamberi, insalate di mare e fritti di pesce eccezionali. 
Ristorante Orlando Sapori di Sicilia con tante proposte tipiche e rivisitate della tradizione gastronomica siciliana. 
Fantastick il gelato artigianale su stecco disponibile in 11 gusti, da intingere in 3 coperture al cioccolato e completare scegliendo tra 5 granelle.
I calici ufficiali di questo Bererosa 2015 saranno di VDGLASS, giovane azienda di Parma specializzata nella lavorazione del vetro e nella produzione di bicchieri. 
Diam, l’azienda leader nella lavorazione del sughero e nella produzione di tappi, ci sarà in qualità di sponsor tecnico e ancora ci saranno  gli amici di GroupAma.

Bererosa 2015
Giovedì 2 luglio
Dalle 17 alle 23 a Palazzo Brancaccio
Via del Monte Oppio, 7


domenica 21 giugno 2015

A Roma Tapioco e Antani, i vini de "La Tognazza Amata"



Nel cuore di Roma, vicino a Piazza di Spagna con la meravigliosa Barcaccia e l’incantevole scalinata di Trinità dei Monti, c’è Dillà, una taverna romana in stile shabby-chic, dove il fascino degli oggetti con un vissuto, sono uniti sapientemente al nuovo. 
Sono stata qui, mercoledì scorso, nella serata inaugurale della nuova stagione, in cui Gianmarco Tognazzi ha presentato in anteprima i vini firmati "La Tognazza Amata", il bianco Tapioco, e due rossi "Antani", un Merlot e un Syrah, durante il cooking show dello Chef Misseri.
Lo chef ha espresso lo stile della cucina internazionale unito a quello della tradizione mediterranea, partendo con una ceviche di ricciola in passion fruit, lime e coriandolo servita con il nuovo vino bianco Tapioco, “mio padre definiva il Tapioco il vanto della sua vigna”, afferma  Gianmarco, per l'occasione sous chef d’eccezione ! 


A seguire le orecchiette al pomo-mascarpone e cacioricotta, abbinate al rosso syrah ‘Antani’, dedicate  al grande attore e gastronomo Ugo Tognazzi, che amava definirsi  ‘un cuoco prestato al cinema’. Un’originale ricetta scritta e realizzata da Ugo,  selezionata dallo Chef  insieme a Gianmarco, dal libro di ricette scritte a pennarello ‘La mia Cucina’ dal celebre attore italiano.  



 Nel corso della preparazione delle due ricette, sono stati serviti taglieri di salumi e formaggi a Km zero con vino rosso Antani Merlot  La Tognazza.

Le  frasi di Ugo Tognazzi presenti sulle lavagne del Dillà, sono state selezionate e scritte con cura da Daniele Marras (Sommelier e Responsabile sala del Dillà), che per l’evento si è occupato dell’allestimento e organizzazione servizio del locale con Lisa Morbiato (Sommelier e Responsabile Servizio Catering), insieme al resto del preziosissimo staff del Dillà. Nelle cucine del Dillà, hanno lavorato sotto la guida esperta dell’Executive Chef Andrea Misseri, anche i Sous Chef Alessandra Petrella e Patwary Md Aminur.
L’evento si è concluso con uno ‘Show-Cocktail’ a La Buvette,  a pochi metri dal Dillà, basta girare l’angolo e si fa un salto nella Parigi del secolo scorso, la storica caffetteria è infatti stata totalmente ristrutturata la scorsa estate nello stile delle antiche stazioni ferroviarie francesi dei primi del ‘900.

  ....non vi ricorda il famoso Bar delle Folies-Bergere di Manet...in versione maschile!
Abbiamo assaggiato il ricco menù aperitivi salati  "Buvette", realizzato  dallo Chef Alessandro Vassallo, sotto la guida dell’Executive Chef Misseri,  accompagnato dal cocktail  "The Gentleman" (vodka infusa con fave Tonka, mandorle tostate e cannella, Martelletti Vermouth, Drambuie, Rabarbaro Zucca e Bitter al Cioccolato) - affumicato al  thè nero Lapsang Souchong - creato  dai bartender-sommelier Marco e Oleg

 E per finire una piccola delizia creata da  Marta Bertini, Chef Pasticcere de La Buvette :cioccolatino al fondente con infusione di tonka e caramello salato.
 

martedì 16 giugno 2015

Millefoglie di mozzarella di bufala e pomodoro con emulsione di fagiolini


Sembra una caprese e... in effetti lo è, ma con piccole varianti che la rendono gustosa come la classica. I pomodori sono leggermenti cotti e il condimento è a base di fagiolini. E' una delle ricette preparate dallo chef Luca Casciani,   nella lezione "Lo chef fa il piatto, l'olio fa la differenza" e di cui ho parlato qui e qui.
La scelta corretta dell'olio da abbinare esalta il piatto, noi abbiamo utilizzato un olio calabrese da agricoltura biologica, cultivar Carolea, "con note di pomodoro acerbo e mela bianca, ricco di toni vegetali di lattuga sedano, pomodoro e spiccato ricordo balsamico di mentuccia e basilico. Amaro e piccante ben espressi  e armonici", ideale in abbinamento a questa millefoglie di pomodoro e mozzarella.

Ingredienti per 4 persone
3 pomodori rossi grandi
500 g di mozzarella di bufala (2 da 250 g)
q.b. di sale e pepe
q.b. di olio extra vergine di oliva

per l' emulsione
200 g di fagiolini
70  g di  olio extra vergine di oliva


Procedimento
Lavare i pomodori e tagliarli a fette non molto spesse. Disporre le fette su una teglia, condirle con sale, pepe e olio e mettere in forno preriscaldato a 120° per 10-12 minuti. 
Lavare e pulire i fagiolini spuntandone le estremità; sbollentarli nell’ acqua salata  per 6-7 minuti. Nel frattempo tagliare la mozzarella a fettine e condirla con  sale pepe e olio.
Scolare i fagiolini e raffreddarli   in acqua e ghiaccio, questo passaggio servirà a mantenere un bel colore verde; scolare nuovamente i fagiolini e frullarli con l'olio extra vergine di oliva, sale e pepe, fino ad ottenere una crema liscia ed omogenea.  Togliere i pomodori dal forno e comporre la millefoglie alternando una fetta di pomodoro e una di mozzarella, fino a formare sei strati. Condire con l'emulsione di fagiolini e decorare con delle foglioline di maggiorana fresca, poco pepe e un filo di olio.








































































domenica 7 giugno 2015

Il pane di farro della antica Roma…una ricetta ricostruita

La storia del pane è antica quasi quanto la storia dell’uomo. Di questo alimento, da millenni al centro della cultura gastronomica mediterranea ed europea, si fa menzione già nella produzione letteraria sumerica, nell’Epopea di Gilgamesh, testo epico composto fra il 2600 e il 2500 a.C., la più antica di cui si conservi notizia, il nucleo originario precede di oltre 1500 anni i poemi omerici e l’Antico Testamento.

Al di là delle sue implicazioni simboliche, la presenza del pane nell’Epopea di Gilgamesh dimostra come questo alimento fosse conosciuto e diffuso nell’antica civiltà mesopotamica, così come lo fu nell’Antico Egitto da cui si diffuse in tutto l’ambito del Mediterraneo diventando un elemento comune a tutte le popolazioni.
I Romani conobbero il pane dopo il 168 a.C., anno in cui impararono le tecniche della panificazione da alcuni schiavi macedoni. Plinio ci racconta che prima i latini erano soliti consumare focacce non lievitate e polta, una densa zuppa preparata con grani di cereali schiacciati e bolliti nell’acqua. Numerose sono le testimonianze archeologiche e artistiche che raccontano la presenza del pane nella società della Roma antica: dall’affresco della Casa del fornaio e dalle forme di pane fossilizzate di Pompei al sepolcro di Marco Virgilio Eurisace a Porta Maggiore a Roma, fino ai rilievi e ai mosaici che illustranio il lavoro quotidiano del fornaio.
In molti casi le forme di pane raffigurate corrispondono alla tipologia del pane “quadratus”: una pagnotta divisa in otto spicchi da quattro tagli. Questo stesso tipo di pane compare anche in contesti paleocristiani dove i tagli sono due o tre, per ottenere pagnotte segnate con l’immagine della croce o il simbolo semplificato od occultato del monogramma di Cristo. Il nome quadratus deriva dall’incisione a croce che favoriva la divisione in quattro parti, quadrae.
Il panificio Casa del fornaio a Pompei I secolo d.C.

Rilievo dal sepolcro del fornaio Marco Virgilio Eurisace 30 a.C. circa


Come dicevo, il pane è uno degli alimenti più documentati dalle fonti storiche sia attraverso gli affreschi che i bassorilievi ed è attraverso queste raffigurazioni che ne conosciamo le fasi di preparazione e la vendita. A Roma, presso Porta Maggiore sorge il sepolcro del liberto Marco Virgilio Eurisace, un fornaio che aveva fatto fortuna grazie al collegium pistorum, la corporazione dei panettieri, stipulò contratti per la fornitura del pane alle autorità. Sul sepolcro sono presenti bassorilievi rappresentatnti le fasi della panificazione partendo dalla macinatura dei chicchi , assicurata dalle grandi lastre di pietra mosse dal lavoro di un asino, per proseguire con la setacciatura della farina, con l’impasto fino alla formatura e cottura al forno del pane.
Molti erano i tipi di pane prodotti a seconda degli usi, degli impasti e dei metodi di cottura. Il Panis siligineus era fatto con farina di qualità superiore; in funzione del grado di setacciatura della farina si producevano il pane cibarius, secundarius, plebeius, rusticus; tra i pani che dovevano conservarsi a lungo, una specie di gallette, c’erano il panis militaris castrensis per i soldati ,e il panis nauticus per i marinai. E poi quelli in uso nelle zone rurali che includevano leguminose, ghiande, castagne o i più elaborati a base di spezie, latte, uova, miele, olio. In base ai metodi di cottura si aveva il panis furnaceus, cotto al forno,o il subcinerinus, cotto sotto la cenere o il clibanicus, una focaccia cotta sulla parete esterna di un vaso arroventato.
Il farro era il cereale più apprezzato e fu il primo ad essere usato: i chicchi venivano leggermente abbrustoliti per per eliminare la pula e poi macinati per ottenere la farrina, termine che poi fu esteso ad indicare ogni tipo di cereale macinato, “la farina”.
Ne è risultato un pane con una leggera nota dolce dovuta al miele, per questo è adatto per la prima colazione e si abbina molto bene ai formaggi. In particolare usando il miele di acacia è ottimo con i formaggi erborinati o i pecorini, con il miele di castagno è perfetto con caciotte di media stagionatura.
Ingredienti
250 g di farina di farro
250 g di farina integrale
250 g di lievito madre
50   g di miele
5     g di sale
275 g di acqua
Procedimento
Mettere nella planetaria le farine, il miele, il lievito madre e 200 g di acqua, avviare la macchina ed impastare. Aggiungere poco per volta l’acqua rimanente controllando la consistenza dell’impasto e infine il sale e continuare a lavorare fino ad ottenere un impasto liscio e ben incordato.
Formare una palla e trasferire l’impasto in una ciotola ben unta, coprire con la pellicola e far lievitare fino al raddoppio. Riprendere l’impasto e rovesciarlo sulla spianatoia spolverata di farina, arrotolare delicatamente fino a formare una pagnottina, appiattirla con un matterello, spolverare di farina, incidere e, dopo averla coperta, mettere a lievitare fino al raddoppio su una teglia ricoperta di carta forno.
Cuocere in forno statico a 250°C mettendo un pentolino con acqua sul fondo del forno. Dopo circa 15 minuti portare la temperatura a 210°C e continuare la cottura per altri 25-30 minuti circa, fino a quando è ben dorato. Spegnere il forno e lasciare freddare con lo sportello in fessura inserendo una cucchiaia di legno.
Le dosi utilizzate per questo pane sono tratte da: p&p, panificazione e pasticceria Una ricetta "ricostruita" a partire da quelle utilizzate nell'antica Roma.
  Bibliografia
  Lorenzo Bonoldi Artedossier
  Letizia Staccioli Archeoclub d'Italia